La Vanlife?
Non è la love story stile harmony che ti raccontano sui social.
Se ti sono sincera mi da anche e particolarmente fastidio chiamarla Vanlife, perchè in tempi non troppo antichi nel vocabolario comune esisteva solo una parola, viaggiatore. Una piccola, grande comunità di persone che nel movimento, in qualunque forma si espressasse, e nella scoperta del diverso e del nuovo si perdeva per dar vita ad un nuovo e personale processo di rinascita.
Ed è proprio qui il punto.
Per noi vivere in van, in uno spazio ridotto, senza meta o fissa dimora, è stata l’occasione concreta di imparare a vivere in modo diverso.
Un mezzo per abbracciare nuove abitudini o per far la pace con alcuni limiti, nessuna etichetta, solo un percorso. Un’esperienza di vita per immergersi nel mondo non per chiuderlo fuori.
Ma, come ogni esperienza, non è detto che sia congeniale a tutti, per tanto, se qualche volta ti è capitato di sognarlo, spero che queste piccole lezioni di nomadismo in van possano aiutarti a valutare se continuare a inseguire il tuo sogno o, al contrario, desisterne per sempre.
Ma chi sono io per parlarne, quando ho deciso di vivere in un van e perché?
Tutto è iniziato nel 2008. Dopo diverse esperienze di volontariato a medio e lungo termine tra India, Filippine e Kenya e, al termine di un anno trascorso a La Paz lavorando e partecipando ad un progetto di volontariato con minori e migranti, ho capito che riprendere un volo di ritorno a casa per ritornare alle dinamiche di una vita che avevo faticosamente deciso di lasciare non era più un’opzione sostenibile.
E’ così che, alcuni anni dopo, nel giro di qualche mese mi sono trovata a realizzare qualcosa che al tempo non avrei mai pensato.
Vivere nel van dei mie sogni e girare il Sud America, uno dei continenti più generosi.
Ma la mia, la nostra, è stata anche una scelta pratica: continuare a viaggiare senza l’obbligo di dover tornare, senza il peso di un affitto sulle spalle, potendo decidere come distribuire ogni centesimo guadagnato e scegliendo come e in che posto lavorare, era ciò che per noi esprimeva il significato più autentico di libertà.
Quasi 9 anni dopo, eccomi qui. Vivo ancora nello stesso piccolo van, circondata di poche cose ma con un album di ricordi e immagini infinito.
Quando pensiamo alla vita in van, immaginiamo libertà, natura, avventure… zero preoccupazioni… panorami mozzafiato e sogni.
Eppure, spesso dimentichiamo di osservare il profondo potenziale nascosto in questa scelta di vita, un potenziale che io definirei cambiamento e trasformazione.
Qualcosa che resta inconsciamente celato sotto gli strati superficiali di un’esistenza resa spettacolare ai limiti dell’inverosimile sui social media.
E se ci prendessimo il tempo di vivere e sentire questo cambiamento, quali rischi potremmo correre nel far questa scelta?
Potremmo…
…diventare + FLESSIBILI e ADATTABILI
Quando iniziamo a viaggiare, il mondo si apre davanti a noi con una varietà di colori, sapori e stili di vita nuovi a cui, poco a poco, ci adattiamo al punto tale di arrivare finalmente a comprendere che non è mai esistito un meglio o un peggio, ma solo un diverso. E questo mette fuori gioco gli estremismi e gli estremisti.
Gli orologi smettono di accompagnarci, quel gesto automatico del guardare l’ora si perde nell’oblio e lo scorrere della giornata si adatta a un nuovo fluire del tempo, un tempo circolare, a volte veloce a volte molto lento ma mai lineare.
Ci adeguiamo alle risorse che abbiamo a disposizione, più limitate e preziose di quanto immaginassimo, come l’acqua e l’energia. Impariamo a valorizzarle così tanto da umanizzarle quasi fossero reali compagni di viaggio. E di fatto lo sono.
Ci abituiamo ad affrontare condizioni climatiche diverse e avverse e per alcune di essere sviluppiamo anche una dipendenza quasi esasperante. Benedetto sole.
E ancora, potremmo arrivare sul podio dell’adattabilità sentendoci a nostro agio anche in contesti che un tempo ci sarebbero sembrati insopportabili.
Come doversi fermare stanchi e sudati, dopo 200 e 300km di strada per lavorare al bordo di una strada, nel parcheggio affollato di una stazione di servizio, nel traffico incessante, circondati da rumori, camion e da una vita che non smette di scorrere solo perché tu hai bisogno di silenzio e concentrazione.
Ci potremmo sorprendere di quanto siamo diventati flessibili anche per i modi alternativi che troviamo per lavarci o per come affrontiamo necessità fisiche urgenti in situazioni poco ideali o situazioni difficili come febbre e malesseri vari a porte aperte.
Potremmo infine e finalmente allenare la mente ad essere più flessibili di fronte al giudizio, accogliendo persone e luoghi non per come appaiono ma per quello che trasmettono, per l’energie che emanano e per i ricordi che ci lasciano.
…renderci conto di quanto sia bello LASCIARE ANDARE IL CONTROLLO
Il viaggio è una terapia d'urto. Ci ritroviamo immersi negli imprevisti, che lo vogliamo o meno. Imparare a lasciare andare il controllo sugli eventi e sulle situazioni che non possiamo cambiare diventa un esercizio fondamentale per evitare di essere sopraffatti da un’ansia, che potrebbe compromettere momenti unici e irripetibili.
In ogni caso, avere un piano B o almeno una bozza dello stesso, può essere di grande aiuto per ritrovare un certo equilibrio e aiutarci a pensare positivo ripetendo dentro di noi un mantra latino decisamente utile: ogni problema ha una soluzione.
…prenderci gusto e voler ABBRACCIARE IL CAMBIAMENTO, sempre!
La staticità di pensiero e l’immobilità fisica diventeranno qualcosa di fastidioso.
Il cambiamento la nostra adrenalina e una necessità.
…imparare il valore della CONDIVISIONE
Proveniamo da una società fortemente individualista, dove si tende a pensare che la condivisione sia un privilegio riservato solo a chi ha i mezzi, spesso economici, per permetterselo. La cultura latina, al contrario, dimostra che sono proprio coloro che hanno di meno a condividere persino ciò che non possiedono. Una predisposizione alla condivisione così profondamente radicata in alcune culture e molto meno in altre, che ogni giorno mi ritrovo a riflettere su quanto ancora mi manchi, solo osservando Humberto. Condividere, donare senza ricevere nulla in cambio. Solo per il piacere di farlo.
…iniziare a sentirci immersi e circondati di ENERGIE
Tutto è energia: le persone, gli oggetti, i luoghi, le situazioni e persino le nostre azioni. Il viaggio ci offre l'opportunità di imparare a riconoscere le energie o per lo meno a sentirle, donandoci una consapevolezza preziosa. Accettarle, anche quando non sono positive e imparare a surfare su di esse.
Se queste riflessioni ti fanno pensare alle filosofie hippy degli anni '70, forse è il momento di mettere da parte i pregiudizi e provare a sperimentare in prima persona.
Ti è mai successo di compiere un gesto di aiuto, anche apparentemente insignificante, e poco dopo ricevere ciò di cui avevi bisogno proprio quando ne avevi più bisogno? Le energie si equilibrano e si attraggono, sono una danza che molti scettici faticano ad accettare. Tuttavia, capire come agiscono con noi e per noi può trasformare il modo in cui affrontiamo le situazioni, sia nella vita di tutti i giorni che durante un viaggio.
…imparare a FIDARCI degli altri e sviluppare un istinto speciale verso le situazioni.
L’ atteggiamento individualista di cui abbiamo già parlato è un dei gran conduttori di diffidenza. Cresciamo circondati dalla diffidenza, ci isoliamo di conseguenza, evitiamo di chiedere aiuto e dubitiamo della bontà altrui, finché un viaggio non ci rivela un'altra verità. Le persone sono più gentili e generose di quanto immaginiamo. Quando ci permettiamo di avere fiducia negli altri, arrivano aiuti nel momento giusto, soluzioni inaspettate e incontri che trasformano la giornata. Ritrovare fiducia negli altri credo sia una delle esperienze più gratificanti del viaggio.
…recuperare una visione della vita + MINIMALISTA, semplice, CONSAPEVOLE
Ci sono molte ragioni per cui, dopo 8 anni, continuiamo a vivere in un van di 2 metri per 4 anziché optare per un camper o seguire la tendenza dei camion. Una di queste è legata al desiderio di mantenere uno stile di vita il più semplice possibile.
Poca tecnologia (quella che ci serve per lavorare), meno spazio, meno cose, quelle davvero utili. Concetti come il riutilizzo, lo scambio, la riduzione degli sprechi e l’autoproduzione sono diventati centrali per noi.
Ad alcuni potrebbe sembrare una forma di sopravvivenza o una rinuncia, ma per noi rappresenta una qualità preziosa che abbiamo acquisito nel tempo: la capacità di capire ciò di cui abbiamo realmente bisogno, di dare valore alle esperienze e alle relazioni più che alle cose.
Tutto questo per creare spazio, anche mentale e provare a vivere più liberi.
Un phon, un forno, alexa, un super mezzo….di cosa davvero abbiamo bisogno per viaggiare? La vera libertà non si misura dalla comodità che ci portiamo dietro per autoproclamarsi i re dell’indipendenza o dell’autonomia, non si misura neppure dal luogo in cui parcheggiamo, credo invece si misuri da come e quanto riusciamo a scrollarci di dosso armature e strutture che non ci appartengono per riappropriarci dell’essenzialità e di una semplicità del vivere che abbiamo perso nel cammino.
“Viaggiare deve comportare il sacrificio di un programma ordinario a favore del caso, la rinuncia del quotidiano per lo straordinario, deve essere una ristrutturazione assolutamente personale alle nostre convinzioni”. Herman Hesse
Cosa ne pensi? Mi piacerebbe ascoltare il tuo parere.
Versión Española
¿Vanlife? No es la historia de amor armoniosa que te cuentan en las redes sociales.
Si te soy sincera, también y sobre todo me molesta llamarla Vanlife, porque en tiempos no muy antiguos sólo existía una palabra en el vocabulario común, viajero. Una pequeña gran comunidad de personas que en el movimiento, en cualquiera de sus formas, y en el descubrimiento de lo diferente y lo nuevo, se perdían para dar vida a un nuevo y personal proceso de renacimiento.
Y ahí radica la cuestión.
Para nosotros, vivir en una furgoneta, en un espacio reducido, sin destino ni morada fija, fue una oportunidad concreta para aprender a vivir de otra manera.
Un medio para adoptar nuevos hábitos o hacer las paces con ciertas limitaciones, sin etiquetas, sólo un camino. Una experiencia vital para sumergirse en el mundo y no para cerrarse a él. Pero, como toda experiencia, no es necesariamente agradable para todo el mundo, así que si por casualidad soñaste con ello alguna vez, espero que estas pequeñas lecciones de nomadismo en furgoneta puedan ayudarte a evaluar si seguir persiguiendo tu sueño o, por el contrario, desistir de él para siempre.
Cuando pensamos en la vida en furgoneta, imaginamos libertad, naturaleza, aventuras... cero preocupaciones... vistas y sueños impresionantes.
Sin embargo, a menudo nos olvidamos de observar el profundo potencial que esconde esta elección de estilo de vida, un potencial que yo llamaría cambio y transformación.
Algo que permanece inconscientemente oculto bajo las capas superficiales de una existencia espectacular hasta lo inverosímil en las redes sociales.
Y si nos tomamos el tiempo de experimentar y sentir este cambio, ¿qué riesgos podríamos correr al hacer esta elección?
Podríamos...
...volvernos más FLEXIBLES y ADAPTABLES
Cuando empezamos a viajar, el mundo se abre ante nosotros con una variedad de nuevos colores, sabores y estilos de vida a los que, poco a poco, nos vamos adaptando hasta tal punto que acabamos por comprender que nunca ha habido nada mejor ni peor, sólo diferente. Y esto acaba con los extremismos y los extremistas.
Los relojes dejan de acompañarnos, ese gesto automático de mirar la hora se pierde en el olvido y el fluir del día se adapta a un nuevo fluir del tiempo, un tiempo circular, a veces rápido a veces muy lento pero nunca lineal.
Nos adaptamos a los recursos de que disponemos, más limitados y valiosos de lo que imaginábamos, como el agua y la energía. Aprendemos a valorarlos tanto que los humanizamos como si fueran verdaderos compañeros. Y de hecho lo son. Nos acostumbramos a lidiar con diferentes y adversas condiciones meteorológicas y para algunos incluso desarrollamos una adicción casi exasperante. Bendito sol.
Y de nuevo, podemos llegar al podio de la adaptabilidad sintiéndonos cómodos incluso en contextos que antes nos habrían parecido insoportables. Como tener que parar cansados y sudorosos después de 200 y 300 km para trabajar en el arcén de una carretera, en el abarrotado aparcamiento de una estación de servicio, en un tráfico incesante, rodeados de ruidos, camiones y una vida que no deja de fluir sólo porque necesitas silencio y concentración.
Podríamos sorprendernos de lo flexibles que nos hemos vuelto incluso en las formas alternativas que encontramos para asearnos o en cómo afrontamos necesidades físicas urgentes en situaciones menos que ideales o situaciones difíciles como fiebres y dolencias varias a puerta abierta.
Podríamos, por fin, entrenar nuestra mente para ser más flexibles ante los juicios, acogiendo a las personas y los lugares no por cómo aparecen sino por lo que transmiten, por la energía que emanan y los recuerdos que nos dejan.
...darse cuenta de lo bien que sienta ABANDONAR EL CONTROL
Viajar es una terapia de choque. Nos encontramos inmersos en lo inesperado, queramos o no. Aprender a soltar el control sobre acontecimientos y situaciones que no podemos cambiar se convierte en un ejercicio fundamental para evitar que la ansiedad nos desborde y pueda comprometer momentos únicos e irrepetibles. En cualquier caso, tener un plan B, o al menos un esbozo del mismo, puede ser de gran ayuda para recuperar cierto equilibrio y ayudarnos a pensar en positivo repitiendo en nuestro interior un mantra latino muy útil: todo problema tiene solución.
...animarse y querer abrazar el CAMBIO, ¡siempre!
El pensamiento estático y la inmovilidad física se convertirán en una llaga. Cambiar nuestra adrenalina y una necesidad.
...aprender el valor de COMPARTIR
Venimos de una sociedad muy individualista, en la que se tiende a pensar que compartir es un privilegio reservado sólo a quienes tienen los medios, a menudo económicos, para permitírselo. La cultura latina, por el contrario, muestra que son precisamente los que menos tienen los que comparten incluso lo que no poseen. Una predisposición a compartir tan arraigada en algunas culturas y mucho menos en otras, que cada día me encuentro reflexionando sobre lo mucho que sigo echándola de menos, sólo con observar a Humberto. Compartir, dar sin recibir nada a cambio. Sólo por el placer de hacerlo.
…empezar a sentirse inmerso y rodeado de ENERGÍA
Todo es energía: las personas, los objetos, los lugares, las situaciones e incluso nuestras acciones. El viaje nos ofrece la oportunidad de aprender a reconocer las energías, o al menos a sentirlas, lo que nos proporciona una valiosa toma de conciencia. Aceptarlas, aunque no sean positivas, y aprender a surfear sobre ellas. Si estos pensamientos le hacen pensar en las filosofías hippies de los años setenta, tal vez haya llegado el momento de dejar a un lado sus prejuicios y probar a experimentar por sí mismo.
¿Te ha ocurrido alguna vez hacer un gesto de ayuda, aunque parezca insignificante, y poco después recibir lo que necesitabas justo cuando más lo necesitabas? Las energías se equilibran y se atraen, son una danza que a muchos escépticos les cuesta aceptar. Sin embargo, comprender cómo actúan con nosotros y para nosotros puede transformar nuestra forma de afrontar las situaciones, ya sea en la vida cotidiana o en un viaje.
...aprender a CONFIAR en los demás y desarrollar un instinto especial ante las situaciones.
La actitud individualista que ya hemos mencionado es uno de los grandes motores de la desconfianza. Crecemos rodeados de desconfianza, nos aislamos en consecuencia, evitamos pedir ayuda y dudamos de la bondad de los demás, hasta que un viaje nos revela otra verdad. La gente es más amable y generosa de lo que imaginamos. Cuando nos permitimos confiar en los demás, la ayuda llega en el momento oportuno, soluciones inesperadas y encuentros que transforman el día. Creo que encontrar la confianza en los demás es una de las experiencias más gratificantes del viaje.
...recuperar una visión + MINIMALISTA, sencilla y CONSCIENTE de la vida
Hay muchas razones por las que, después de ocho años, seguimos viviendo en una furgoneta de 2 por 4 metros en lugar de optar por una autocaravana o seguir la moda de los camiones. Una de ellas tiene que ver con el deseo de mantener un estilo de vida lo más sencillo posible.
Poca tecnología (la que necesitamos para trabajar), menos espacio, menos cosas, las realmente útiles. Conceptos como la reutilización, el intercambio, la reducción de residuos y la autoproducción han pasado a ser fundamentales para nosotros.
Para algunos puede parecer una forma de supervivencia o renuncia, pero para nosotros representa una cualidad preciosa que hemos adquirido con el tiempo: la capacidad de entender lo que realmente necesitamos, de valorar las experiencias y las relaciones más que las cosas. Todo ello para crear espacio, incluso mental, e intentar vivir más libres. Un secador de pelo, un horno, alexa, un super medium....¿qué necesitamos realmente para viajar? La verdadera libertad no se mide por las comodidades que traemos para proclamarse los reyes de la independencia o la autonomía, ni se mide por dónde aparcamos, creo que se mide por cómo y cuánto conseguimos sacudirnos corazas y estructuras que no nos pertenecen para recuperar la esencialidad y sencillez de vivir que hemos perdido por el camino.
¿Qué le parece? Me gustaría conocer su opinión.
Mi è piaciuto molto il concetto di viaggiatore. Adesso viaggiatore non basta, va categorizzato e deve essere o in una versione romantica oppure negativa. Alla fine ognuno viaggia a modo suo e interiorizza il viaggio in maniera diversa, anche se universalmente i viaggiatori sono accumunati spesso dalle caratteristiche di flessibilità e nuovi modi di vivere.
bravi ragazzi ... a parte qualche piccolo errore grammaticale che se vuoi ti segnalo per correggerlo è scritto bene e d esprime ... tutto.
l'hai messo anche su fb o you tube?